Dalle console (PS5, XBOX, Nintendo) alle automobili, passando per gli smartphone, il mercato globale tecnologico è in forte sofferenza e la ragione è una sola: la criticità nel reperire chip e semiconduttori.
Una problematica vasta, che abbraccia un settore che da anni è quello in più forte espansione e che ora attraversa un momento critico: migliaia di appassionati in tutto il mondo navigano il WWW nella speranza di carpire preziose informazioni che consentano l'acquisto delle console next gen, prima fra tutte PS5 di Sony.
PS5 e crisi dei chip: che cos'è un semiconduttore?
Senza questo materiale semi-metallico i device che utilizziamo tutti i giorni non potrebbero esistere; più resistente dei conduttori ma meno solido degli isolanti, il semiconduttore rappresenta le fondamenta dell'elettronica, che può "vivere" grazie ai chip, costituiti dai transistor.
Quindi in assenza di semiconduttori niente Sony PS5, Micrososft XBOX, Apple iPhone etc.; è necessario approvvigionarsi di specifici materiali per creare dal nulla un semiconduttore, estraendo dalle profondità della terra sostanze quali silicio e germanio e composti come l’arseniuro di gallio.
All'origine dei chip: Africa e terre rare
Il continente africano è ricchissimo di miniere da cui si estraggono i semiconduttori ma la questione è più complicata in quanto il livello raggiunto dalla tecnologia attuale richiede l'utilizzo di molteplici materiali, fra i quali le "terre rare"(in inglese "rare-earth elements" o "rare-earth metals"): queste, come insegna l' Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC), appartengono a una classe di diciassette elementi chimici della tavola periodica e devono il loro nome al fatto che comunemente si trovano negli stessi giacimenti di minerali dei lantanoidi e godono di proprietà chimiche equivalenti.
La parola deriva dai minerali dai quali furono in origine isolati, ossidi non comuni rinvenuti nella gadolinite estratta da una miniera in Svezia: fondamentalmente, ad esclusione del promezio (che ha una composizione chimica alcuanto instabile), gli elementi delle terre rare si possono trovare in agglomerati relativamente elevate nella crosta terrestre.
PS5 e crisi dei chip: i maggiori attori
Sony produce i chip che animano la PS5, ma ci sono altri attori che realizzano i semiconduttori tanto vitali per qualsivoglia apparecchio elettronico; NVIDIA, AMD, Qualcomm, giocano tutti la stessa complicata partita per la supremazia, scontrandosi fra loro e facendo i conti con i colossi Samsung e Intel: aziende che hanno investito miliardi di dollari per la costruzione di fabbriche iper tecnologiche, dove all'interno di ambienti di lavoro ultra asettici (e dove il know how è di fondamentale importanza se non si vuole perdere la partita in anticipo), vengono alla luce, dopo tre mesi di assiduo lavoro, i tanto agognati chip.
Il mondo rischia di andare in stallo, già perché senza gli indispensabili elementi che compongono i chip, la possibilità di giocare con Sony PS5 sarà l'ultimo dei nostri problemi;
oggi l'informatica e l'elettronica sono alla base della nostra sopravvivenza ed è semplicemente impossibile pensare a una società senza tecnologia:
se non possiamo costruire chip, non possiamo andare lontano ma neppure rimanere dove siamo, perché sarebbe come tornare alla misera esistenza che conducevamo nelle caverne, rannicchiati a difenderci dal freddo.
La battaglia per i chip: USA vs Cina vs COVID
Anche nell'era pre-COVID il contesto non era dei più semplici, con la produzione degli apparati elettronici di massa vincolata a materie prime di non facile reperibilità; la realizzazione dei chip, che siano per Sony PS5 o per il microonde di casa, è stata e continua a essere decisamente difficile, considerando che forse è più semplice spedire un razzo in orbita quanto costruire un chip: il circuito integrato (IC, dall'inglese integrated circuit), miniaturizzato, costituito da miliardi di transistori ognuno della grandezza di 10 micron (un milionesimo di metro che equivale a un millesimo di millimetro) e formati tutti nello stesso istante attraverso un unico procedimento fisico-chimico.
Ad ogni modo, seppur la commedia si reggesse su labili equilibri, il tutto funzionava e la delicata armonia sembrava non dover cessare: a un certo punto però qualcosa è andato storto.
Le cause che hanno prodotto un escalation di momenti critici per il settore tecnologico sono molteplici e tutte hanno contribuito a innestare quella crisi che oggi spaventa e preoccupa gli esperti; due anni addietro, nel 2019, non si conosceva ancora il COVID-19 ma le prime avvisaglie di una crisi si potevano ravvisare nella messa al bando di alcune società cinesi (ZTE, Huawei, etc.) da parte del governo statunitense: una situazione che ha prodotto forti tensioni fra USA e Cina, con la conseguenza che le società di elettronica asiatiche hanno accumulato ingenti quantitativi di chip, fondamentali per la produzione di qualsiasi device elettronico.
Negli USA viceversa, le aziende americane si sono trovate nella situazione di non poter più comprare i chip prodotti dalla Semiconductor Manufactoring International Corporation, azienda cinese.
Con l'arrivo del COVID-19 e lo scatenarsi della pandemia la domanda di chip è aumentata in maniera esponenziale; tutti in casa attaccati a PS5, tablet, smartphone, laptop etc. e lo smartworking in primo piano, che sovente ha richiesto un aggiornamento tecnologico dei propri device ormai giunti alla fine del loro ciclo di vita.
La domanda ha superato di gran lunga la disponibilità che un mercato in crisi poteva garantire e gestire; le risorse presenti sono rimaste le stesse del pre-COVID per le ragioni che ci siamo detti e inoltre ci si è ritrovati nella condizione di non essere più in grado di utilizzare le medesime strutture di prima.
In altri settori forse si sarebbe riusciti a bypassare il problema ricorrendo alla costruzione di nuove aziende, ma il settore della tecnologia avanzata è un ambito di nicchia che richiede investimenti economici miliardari, oltre al tempo necessario per creare da zero impianti industriali e popolarli di apparecchiature specializzate al massimo grado.
PS5 e crisi dei chip: il ruolo giocato dalla logistica
Frizioni politiche, COVID e logistica; tre fattori che hanno messo in ginocchio il settore tecnologico, già perché i trasporti stanno giocando un ruolo fondamentale, con i container trasportati dalle navi commerciali che similmente ai chip sono divenuti difficili da trovare e quindi preziosi: le società hanno pensato di convertire il trasporto navale con quello aereo, ma le compagnie di volo sono già impegnatissime nel cercare di far fronte alla massiccia domanda relativa alle spedizioni dei vaccini anti COVID-19.
Inoltre i voli aerei sono meno rispetto al periodo pre-pandemico perché gli spostamenti da un luogo all'altro si dono notevolmente ridotti a causa del COVID e di conseguenza le compagnie di volo hanno diminuito i voli commerciali: sappiamo infatti che nei primi tre mesi del 2021 il volume di carico delle spedizioni aeree è diminuito del venticinque per cento se confrontato con il dato dell'anno 2020.
La disponibilità di PS5: un dato
Anche altri eventi hanno concorso a creare la crisi che l'industria del settore sta vivendo;
episodi isolati che soli non avrebbero avuto alcun tipo di ripercussione e conseguenza, ora invece producono effetti devastanti;
nell'estate del 2020 un incendio ha avuto pesantissime ripercussioni su un'azienda giapponese che produce materiale in fibra di vetro, sostanza utilizzata per i circuiti stampati: questa circostanza ha fatto si che la produzione del materiale subisse un drastico rallentamento e il suo prezzo di conseguenza salisse alle stelle.
Ma come abbiamo visto la disponibilità di Sony PS5 è solo uno dei contraccolpi accusati dal mercato e dobbiamo rassegnarci ad attendere ancora per tutto il 2021 l'immissione sul mercato delle console next gen giapponesi; la cosa certa è che approvvigionarsi di componentistica elettronica è decisamente ostico ma la colpa non ricade sulle spalle delle aziende produttrici di console: le strategie di marketing atte a stabilire una data di lancio delle console operate dalle singole aziende erano corrette ma non potevano tener conto della situazione che si sarebbe venuta a creare successivamente.
Un mercato prima veloce e responsive che ora sembra avere assunto movenze lente e circospette: la scarsità o addirittura la totale mancanza di Sony PS5 è decisamente la cosa meno preoccupante, trattandosi di un mezzo per giocare: a preoccupare invece è l'assenza di laptop sotto i cinquecento euro, fino a qualche tempo fa disponibili in grandi quantità ma oggi, a parità di caratteristiche, non più per tutte le tasche.
Il settore automotive: lenta, lentissima ripresa
Fase complicata anche per il settore automobilistico che da quando si è diffuso il virus ha subito un calo degli utili a dir poco preoccupante; difatti, un pò come accaduto per i voli, gli spostamenti su quattro ruote si sono ridotti all'osso e di conseguenza anche la necessità di acquistare nuove automobili è diminuita: ciò ha portato i produttori di auto a ridurre gli ordini della componentistica e dei materiali, in primis quei chip che fanno prender vita ai display delle macchine e consentono il funzionamento di un auto, dove si sa ormai da tempo che l'elettronica è fondamentale e vitale.
Quando il contesto ha subito un qualche miglioramento, la richiesta è tornata a crescere ma le aziende non disponevano dei prodotti per garantire la produzione delle vetture: le aziende produttrici di chip nel frattempo erano occupatissime a saziare la fame di chi richiedeva a gran voce componenti per l'informatica e per l'elettronica di massa.
Una crisi prevedibile?
Europa e Stati Uniti in affanno cercano una veloce soluzione al problema, ma la domanda è: questa crisi era prevedibile?
Probabilmente si, e le aziende avrebbero potuto optare per scelte differenti, come ad esempio evitare l'accumulo ossessivo di risorse e materie, logica che ha messo in ginocchio il mercato: anche le lungaggini con cui le aziende produttrici di auto hanno risposto alla ripresa del settore non hanno di certo contribuito a risolvere la crisi, con ordini intempestivi che si ripercuoteranno sul mercato per svariati mesi ancora.
Siccome il momento e la congiuntura non sono stati gestiti al meglio, i governi provano a intervenire cercando una soluzione che possa risollevare le sorti del mercato elettronico; gli USA, su insistenza del Presidente Biden, convocano diciannove aziende e propongono una manovra atta a tamponare la situazione mettendo a disposizione cinquanta miliardi di dollari: il fine ultimo dell'operazione è scongiurare ulteriori perdite nel settore automotive, Ford e GM in primis, quello più colpito negli States, che ha subito 4,5 miliardi di ammanchi nell'anno in corso.
Soluzioni alla crisi simili: Europa e America cercano il rilancio
L'America dipende dai chip ma il problema è che riesce a produrre solamente il dodici per cento dei pezzi che li compongono; la situazione nella UE è molto simile a quella americana e pertanto qui da noi si è deciso di attuare un piano denominato Digital Compass 2030 che dovrebbe sostenere il rilancio di un settore divenuto fondamentale per la vita di tutti i giorni.
E' questo un piano strategico atto a rendere l'Europa protagonista della corrente partita tecnologica giocata con gli altri attori internazionali: la strategia, suddivisa in quattro punti, mira fra le altre cose a irrobustire gli impianti produttori e stanzia trenta miliardi di euro da investire per cercare di duplicare l'odierna produzione di chip.
La via per uscire dal tunnel e ritrovare la famosa luce in fondo ad esso sembra identica per i due continenti, che ripongono le loro speranze negli investimenti statali e nel dialogo strategico fra tutti gli attori coinvolti; una cosa è certa però: nel mentre che i grandi cercheranno una soluzione al problema, noi piccoli dovremo continuare ad aspettare le nostre Sony PS5.
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